Durante i più di 10 anni in cui mi occupo di malati di Alzheimer e delle loro famiglie, c’è sempre una battaglia per capire cos’è la qualità della vita nella malattia di Alzheimer, chi soffre di meno o a chi vengono date più o meno opportunità di condurre una vita dignitosa.
Mi spiego: sembra una regola non scritta. Quando i familiari si riuniscono per parlare, quasi sempre emerge questo tema e, come sempre nella vita, tutti credono di avere la verità assoluta su quale sia la decisione migliore per garantire al malato ciò che viene definito qualità della vita. Persino chi non si occupa delle cure dà consigli su cosa si debba o non si debba fare affinché il malato possa godere di quella qualità così ambita da tutti.
Io credo che non sia la qualità della vita ciò a cui dobbiamo aspirare, ma la qualità delle cure nella malattia, perché ciascuno comprende la vita in modo diverso e ogni caregiver è responsabile delle proprie decisioni nei confronti del malato, decisioni che, del resto, nascono sempre dal cuore di chi si prende cura e con il presupposto fondamentale di volere il bene del paziente.
Per questo, e perché nessuno ci insegna a curare, ritengo che la qualità della vita nell’Alzheimer debba essere sostituita da qualità nella malattia, un termine curioso di mia invenzione ma che per me ha un senso molto logico.
La vita di un malato di Alzheimer attraversa molte tappe che, viste dall’esterno, possono suscitare tristezza e inquietudine, perciò ritengo che pensare affinché il malato riceva in ogni fase cure e attenzioni adeguate alle sue necessità significhi qualità delle cure e, di conseguenza, qualità della vita. È, in fondo, vivere la malattia con qualità. Terapie cognitive, farmacologiche, diagnosi accurate, tempi di attesa ridotti per gli esami, informazioni al caregiver, associazioni di riferimento, forum di dibattito e opinione, siti web affidabili… e ogni tipo di attenzione lungo il percorso della malattia sono gli strumenti perfetti per offrire qualità della vita all’interessato.
Non possiamo dimenticare che questa malattia ci impone di cambiare strategia di continuo, sapete bene che è capricciosa, insidiosa e sorprendente, quindi adattarci a ciò che ci riserva come caregiver fa sì che diamo qualità della vita al malato.
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Ogni malato richiede attenzioni diverse, non ce n’è uno che evolva allo stesso modo, i sintomi e le fasi dipendono sempre da molti fattori e saperli prevedere significa offrire qualità al percorso del paziente nella malattia.
Qualità della vita è un termine soggettivo, sfuggente e dai confini indefiniti quando si parla di talune patologie e ancora di più quando si tratta di una malattia che provoca un deterioramento totale e assoluto nei malati; per questo è di fondamentale importanza fare affidamento sui professionisti e, soprattutto, comprendere che la qualità della vita del malato di Alzheimer è quella che riesce a coniugare buone cure professionali e non professionali con una corretta informazione e supporto professionale nelle decisioni man mano che la malattia avanza.
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