Il dottore in Biomedicina Pablo Barrecheguren ci spiega il ruolo degli organoidi come una delle principali tecniche della ricerca biomedica.
Uno dei maggiori ostacoli che la neuroscienza deve affrontare è la difficoltà di ottenere informazioni in vivo da un cervello umano.
Certamente esistono tecniche, come la risonanza magnetica funzionale o l’impianto intracranico di elettrodi, che ci permettono di ottenere informazioni sull’attività cerebrale…, ma la vera sfida è a livello molecolare: poter analizzare lo sviluppo e l’interconnessione cellulare mentre avvengono, poiché finora le possibilità si riducono soprattutto a studi post mortem o a colture cellulari i cui risultati spesso non possono essere estrapolati al comportamento di un cervello umano nel suo insieme. Per affrontare questo problema, una delle opzioni migliori sono gli organoidi cerebrali.
Organoidi cerebrali
Cosa sono gli organoidi
Gli organoidi sono aggregati cellulari autoassemblati che si formano a partire da cellule staminali e che hanno la caratteristica principale di riprodurre, in una certa misura, l’architettura e la composizione cellulare dell’organo che si intende ottenere.
Inizialmente uno dei campi di ricerca è stato la creazione di organoidi in grado di riprodurre gli epiteli intestinali, ma attualmente la tecnica si è estesa ad altri organi e uno degli ambiti più interessanti riguarda gli organoidi cerebrali.
Modalità di produzione degli organoidi
Esistono due modalità principali per produrli:
- Tecniche non guidate: partono da cellule staminali pluripotenti umane coltivate in vitro, limitando al massimo l’uso di segnali biochimici esterni che dirigano la crescita. Questo dà origine a una grande variabilità che in alcuni casi porta alla formazione di organoidi con una composizione cellulare abbastanza simile a quella di un cervello umano in sviluppo.
- Tecniche guidate: si parte dalla stessa base, ma c’è un maggiore intervento nello sviluppo dell’organoide mediante l’uso di biomolecole. Il risultato è che si possono produrre organoidi molto più specifici, i quali presentano composizioni cellulari che imitano quelle di sezioni specifiche di un cervello umano in sviluppo.
In generale, questi organoidi riescono a riprodurre fino a un certo livello la composizione cellulare e strutturale di un cervello umano. Inoltre, i dati di analisi dell’espressione genica di questi organoidi nel loro insieme coincidono parzialmente con quelli di un cervello umano in sviluppo.
Limitazioni di questi modelli
Tuttavia, non bisogna dimenticare che anche questi modelli presentano diverse limitazioni molto importanti, come ad esempio:
- Gli organoidi hanno una dimensione molto ridotta. Misurano circa 4 mm, mentre la sola corteccia cerebrale umana ha un diametro di circa 15 cm. Da questa differenza derivano molte discrepanze strutturali che distinguono un organoide da un cervello umano.
- Non sviluppano alcun tipo di vascolarizzazione. Gli organoidi cerebrali non hanno vasi sanguigni per sé e, anche quando vengono coltivati insieme a cellule epiteliali, non si è riusciti a creare capillari funzionali all’interno del tessuto. La mancanza di vasi è già di per sé una grande differenza strutturale, ma comporta anche un problema aggiuntivo: l’organoide può ottenere nutrienti solo dalla sua superficie esterna, il che fa sì che, raggiunta una certa dimensione, le cellule nelle zone più profonde dell’organoide subiscano necrosi per carenza di nutrienti.
- Le cellule dell’organoide riproducono lo stato cellulare di un cervello in sviluppo, quindi le informazioni che possono fornirci su un cervello adulto o anziano sono scarse.
Tecnica importante nella ricerca biomedica
Tuttavia, nonostante tutte queste limitazioni, gli organoidi si propongono come una delle tecniche principali della ricerca biomedica per tre motivi.
- In primo luogo, bisogna considerare che sono prodotti a partire da cellule staminali pluripotenti e che attualmente questo tipo cellulare può essere ottenuto direttamente o da cellule adulte successivamente riprogrammate in laboratorio (per esempio usando un campione di cellule del sangue, che poi vengono riprogrammate per diventare quelle che si conoscono come cellule staminali pluripotenti indotte). Ciò ha permesso di creare organoidi che riproducono malformazioni congenite come la microcefalia, o addirittura di utilizzare organoidi insieme a colture virali per indagare gli effetti neuronali del virus Zika.
- In secondo luogo, questi modelli sono utili per studiare lo sviluppo cerebrale ed esistono condizioni cliniche come la schizofrenia o i disturbi dello spettro autistico che sono già oggetto di studio.
- E in terzo luogo, si possono creare organoidi cerebrali di altri animali, il che facilita lo svolgimento di studi evolutivi confrontando diverse specie.
Attualmente gli organoidi cerebrali sono strumenti di ricerca molto preziosi e gli studi che li combinano con altre tecniche hanno un grande potenziale.
Tuttavia, quando si leggono lavori pubblicati in quest’area, non bisogna mai dimenticare che si tratta di un modello sperimentale e, per quanto vengano chiamati “cervelli in miniatura”, presentano anche molte differenze sostanziali rispetto a un cervello umano adulto.
Bibliografia
- Elizabeth Di Lullo and Arnold R. Kriegstein. The use of brain organoids to investigate neural development and disease. Nat Rev Neurosci. 2017 October; 18(10): 573–584
- Harpreet Setia, Alysson R. Muotri. Brain organoids as a model system for human neurodevelopment and disease. Seminars in Cell and Developmental Biology (2019)
- Xuyu Qian, Hongjun Song and Guo-li Ming. Brain organoids: advances, applications and challenges. Development (2019) 146, dev166074







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