1. Noemí Puig González:
Ciao, Ana Belén. Vorrei sapere con quale frequenza settimanale trattate i pazienti nella riabilitazione cognitiva nei casi clinici presentati.
Ciao, Noemí, i casi che ho presentato li lavoriamo di solito in modo interdisciplinare: generalmente la maggior parte dei pazienti fa 2 sedute da 45 minuti (fisioterapia e terapia occupazionale), 2 sedute da 45 minuti di logopedia e 2 sedute da 30 minuti di neuropsicologia. La cadenza settimanale delle sedute e gli orari li organizziamo in base alle esigenze di ciascun caso, ma l’ideale è che frequentino tra 2 e 3 giorni a settimana e svolgano 2 sedute giornaliere. Dobbiamo inoltre tenere in considerazione le terapie che ricevono in altri centri, per esempio intervento precoce, scuola, ospedali, ecc.
Per esempio, le sedute di neuropsicologia le abbiamo pensate di durata più breve con l’obiettivo di una maggiore ripetizione nel corso della settimana insieme alle sedute di fisioterapia/terapia occupazionale o logopedia.
2. Lydia Amate Amaro:
Ciao, sono Lydia, psicologa e studentessa di Neuropsicologia Clinica. Attualmente svolgo il mio tirocinio in un centro specializzato in paralisi cerebrale infantile, disturbo dello spettro autistico e altri. Parlando con la mia tutor, che si occupa anch’ella di intervento precoce, mi ha detto che non sa se sia casuale o studiato, ma la maggior parte, se non tutti, i bambini con emiparesi che ha trattato risultano cognitivamente inflessibili. Pertanto, la mia domanda è se conosce studi in merito o se lo ha riscontrato nella sua pratica clinica.
Ciao Lydia, la rigidità cognitiva è un sintomo molto comune in patologie legate a danni della sostanza bianca, proprio per la difficoltà a gestire informazioni simultanee e ancor più di fronte alla novità, per cui profili neurocognitivi caratterizzati da rigidità cognitiva sono molto comuni nei pazienti con danno cerebrale pediatrico, anche nei casi più lievi. È uno dei sintomi e segni più associati anche a difficoltà comportamentali. Non direi che sia presente solo nei casi di emiparesi, ma in generale in associazione a danno cerebrale. Ad esempio, tra i casi che ho presentato, i numeri 1, 2 e 3, che hanno avuto un’evoluzione molto favorevole, la rigidità cognitiva continua a essere uno degli obiettivi principali su cui lavoriamo con loro e l’eziologia di ciascun caso è molto diversa.
3. Loli González Espejo:
Buongiorno, mi chiamo Loli González e sono insegnante in un C.E.E. a Madrid. Volevo ringraziare Ana Belén per la presentazione, che ho trovato molto interessante, pratica e molto rispettosa nei confronti dei ragazzi e delle loro famiglie, mille grazie davvero. Vorrei sapere se offre una formazione online per approfondire questa conferenza, a cui possa accedere, usufruire e imparare di più.
Ciao Loli, grazie per le tue parole e sono felice di avere tra il pubblico anche insegnanti. In realtà non mi occupo di formazione, se non per alcune conferenze a cui vengo invitata o qualche lezione in master specifici; per quanto riguarda l’insegnamento, sono tra coloro che preferiscono insegnare sul campo, basandosi sull’esperienza e sulla pratica clinica quotidiana.
4. Sandra Blay Villalba:
Vorrei chiedere se, secondo la sua opinione, esistono test o scale che possano essere impiegati in modo affidabile per osservare in modo quantitativo l’evoluzione del trattamento nei bambini con danno cerebrale. Grazie mille!
Buongiorno Sandra, in età pediatrica disponiamo solo di scale di sviluppo che, a mio avviso, offrono davvero poco per effettuare un monitoraggio evolutivo reale e quantitativo: possono servire come supporto, ma ogni tipo di test presenta il grande svantaggio di dover interagire con una componente motoria e verbale molto ampia, non adattandosi alle capacità motorie del paziente e alle compensazioni che utilizza per comunicarsi volontariamente, per cui alla fine forniscono scarso valore. Io consiglio di effettuare osservazioni e valutazioni all’interno delle stesse sessioni di lavoro, creando progressivamente il profilo di ciascun paziente; in alcuni casi particolari si possono aggiungere determinati test o scale, ma dipenderà sempre dal caso e dal tuo obiettivo. Ad esempio, la Batelle dispone di adattamenti per bambini con danno motorio. Io di solito utilizzo questo tipo di strumenti nei casi in cui è necessario stabilire uno studio pre e post, come accade nei pazienti neurochirurgici.
5. Eva Mª Cubero:
Prima di tutto volevo fare i complimenti per l’intervento di Ana: è stato meraviglioso! Quale libro ci consiglia sul neurosviluppo cerebrale? So che ne ha citato uno, ma non sono riuscita a prendere il titolo. Inoltre, conosce o esiste qualche libro di casi clinici? Grazie ancora.
Grazie Eva. Il libro che ho consigliato per approfondire il neurosviluppo generale è di María José Más (L’avventura del tuo cervello): è un libro molto didattico con un linguaggio chiaro per comprendere processi così complessi che avvengono durante il neurosviluppo e, soprattutto, mette in risalto l’importanza dell’interazione con l’ambiente.
6. Sara Rivas Campoamor:
Nel caso 2, che era un’emiplegia, avete utilizzato nel trattamento la terapia di limitazione dell’arto sano?
Ciao Sara, i professionisti del centro di intervento precoce hanno proprio realizzato quella terapia pochi mesi fa con questo paziente. Noi, dal nostro centro, pur lavorando molto all’interno delle sessioni con MSD, non abbiamo utilizzato concretamente quel metodo, e durante il periodo in cui è stata effettuata quell’intervento abbiamo modificato i nostri obiettivi in modo da non condizionarli.
7. Nuria Pecino Macias:
Mi piacerebbe che potesse consigliarci bibliografia che ritenga interessante per approfondire il neurosviluppo e anche il danno cerebrale pediatrico. È stata una conferenza molto interessante.
Grazie Nuria. Come testo generale sul neurosviluppo ti consiglio quello di cui ho parlato nella conferenza (L’avventura del tuo cervello di María José Más, e anche il suo blog) e a livello più specifico sul danno cerebrale non ne ho nessuno che davvero mi piaccia o che ritenga valido. Credo che sia una popolazione poco studiata e quindi poco pubblicata; le risorse che trovo sono molto basilari, ripetono sempre le stesse cose, e penso che serva molta esperienza clinica reale dei professionisti per poter affrontare l’argomento in libri o articoli.
8. Miriam Cabrera:
Buon pomeriggio, sono Miriam Cabrera, logopedista in un centro di intervento precoce. Stamattina ho visto la presentazione sul neurosviluppo in caso di danno cerebrale di Ana Belén Vintimilla e volevo chiederle un dubbio. Ho alcuni bambini che non hanno una diagnosi diversa da «ritardo maturativo» e non c’è nulla nella loro cartella clinica che ci faccia pensare a un problema di tipo neurologico (nelle visite dal neurologo non è stato eseguito alcun esame). Tuttavia, osserviamo alcuni comportamenti da tutte le discipline che ci fanno pensare che ci debba essere qualche alterazione. Le sottopongo il caso di un bambino di 5 anni e mezzo che:
- Presenta grandi difficoltà nel ripetere una sequenza di due sillabe (pur non avendo difficoltà nei compiti di discriminazione uditiva).
- Fa fatica a pianificare un’attività, come imitare una costruzione con i cubi o semplicemente eseguire un’attività di due passaggi.
- Occorre scomporre le attività in piccoli passaggi affinché capisca cosa deve fare.
- Può sbagliare più e più volte in un compito senza saper correggersi, neanche quando le indichi dove si trova l’errore.
Sa se sia possibile effettuare esami neurologici che ci faccino capire cosa non funziona quando svolge determinate attività? Credo di riferirmi a una Risonanza Magnetica Funzionale, ma non è un esame che si effettua normalmente… Il bambino sta progredendo notevolmente, ma ciò che osserviamo ci intriga molto e ci chiediamo cosa possa causare tutto questo. Non so se può dirmi se c’è un modo per scoprire cosa potrebbe essere alterato. Spero di essermi spiegata bene. Un saluto e grazie in anticipo!
Buongiorno Miriam, ritengo che le vostre osservazioni siano importanti da tenere in considerazione per i medici di riferimento, poiché siete voi ad essere quotidianamente con il bambino e potete correlare meglio quei sintomi a qualcosa che non va, al di là di una semplice immaturità. Questi casi sono molto comuni nei centri di intervento precoce; a noi arrivano molti casi senza studi o diagnosi chiare e, quando li valutiamo, capiamo che c’è qualcosa di più in grado di spiegare tali difficoltà e la loro evoluzione.
Se nella sua cartella clinica non risultano fattori di rischio per danno cerebrale perinatale (ipossia, emorragia, immaturità o malnutrizione), queste informazioni dovrebbero essere presenti nei referti di dimissione alla nascita; l’elemento principale sarebbe escludere patologie di tipo genetico. Esistono molti sindromi genetici che di solito si associano a una alterazione di un corretto sviluppo del lobo frontale e danno una sintomatologia simile a quella che mi descrivi: nonostante l’evoluzione, si osserva sempre una difficoltà significativa nei processi di apprendimento, comprensione, strutturazione verbale, fluenza, ecc.
Il consiglio è di redigere un rapporto dettagliato sulla clinica che voi osservate per i suoi medici di riferimento, in modo che possano orientare al meglio gli esami complementari e le diagnosi.
Una risonanza funzionale nei bambini è molto rara da effettuare e non avrebbe nemmeno così tanto scopo; uno studio neuropsicologico completo, unito ai contributi di tutti i professionisti del suo centro di intervento precoce, è la migliore indagine complementare in neurosviluppo 😉. L’importante è che i suoi medici di riferimento leggano i vostri rapporti e possano prendere le migliori decisioni mediche per orientare la diagnosi eziologica.
9. Jessica Melgar Cabezas:
Vorrei sapere quali obiettivi sono prioritari, o l’ordine degli obiettivi quando arriva un bambino: cosa è più importante? Da dove iniziamo? Grazie.
Ciao Jessica, è una domanda molto generale per poter fornire informazioni che ti siano più utili, dato che ogni caso è unico e definiamo gli obiettivi in relazione al caso specifico. Tuttavia, come ho detto nella mia conferenza, se si tratta di bambini di età inferiore ai 3 anni, conviene concentrarsi molto sugli obiettivi sensoriali: bisogna lavorare molto sulla percezione e sugli obiettivi di integrazione parietale, che costituiscono la base per l’acquisizione successiva di concetti più complessi, oltre a contribuire in modo significativo all’evoluzione delle alterazioni motorie… Ricordare che, all’inizio dello sviluppo, è fondamentale elaborare informazioni sensoriali da tutte le vie (visiva, uditiva, somatosensoriale). Le prime aree a svilupparsi sono quelle occipitali e parietali, mentre nei bambini più grandi è importante valutare lo sviluppo di queste aree e, se si osservano alterazioni, iniziare da lì.
Bisogna evitare un apprendimento basato unicamente sulla ripetizione.
Faccio un esempio:
Quando lavoriamo sugli animali, se lo facciamo unicamente dal punto di vista del vocabolario utilizzando le stesse carte, otterremo solo che riconosca quel disegno con quel concetto, ma non riuscirà a trasferire quell’apprendimento. Perché un concetto venga acquisito completamente, bisogna lavorare sull’intero concetto.
Mucca: forma, colori, suono, cosa fa, a cosa serve, riconoscerla in gruppo o a pezzi, in foto reali, in disegni, in bianco e nero, a colori, nel suo habitat naturale, ecc. ecc. (aree parietali di associazione) e poi introdurre il concetto in compiti più complessi.
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