Ana Isabel Moneo Troncoso, neuropsicologa, espone in questo articolo il ruolo della penombra ischemica, delle tecniche di neuroimaging, della neuroplasticità e della riabilitazione neuropsicologica nella ripresa post-ictus.
Introduzione
La malattia cerebrovascolare rappresenta una delle cause più frequenti di assistenza neurologica urgente, configurandosi come un problema di salute pubblica di primo ordine. Una delle scoperte più rilevanti è legata alla possibilità che la funzione neuronale possa essere recuperata e sopravvivere dopo un periodo di ipossia. Si evidenzia il tessuto cerebrale potenzialmente recuperabile dopo la lesione, offrendo una finestra terapeutica (periodo di tempo durante il quale il trattamento può essere più efficace). Grazie ai progressi tecnologici degli ultimi anni, sono stati registrati importanti miglioramenti nello sviluppo di terapie riabilitative per lesioni ischemiche.
Malattia cerebrovascolare
La malattia cerebrovascolare (MCV), conosciuta anche come “ictus”, si riferisce a un disturbo della circolazione cerebrale che provoca un’alterazione transitoria o definitiva della funzione di una o più aree dell’encefalo. In base alla natura della lesione, si distinguono due tipi principali: ischemico o emorragico:
- L’ictus emorragico è causato dalla rottura di un vaso sanguigno encefalico con fuoriuscita di sangue (extravasazione) al di fuori del letto vascolare,
- mentre l’ictus ischemico (85% dei casi) è dovuto a una riduzione dell’apporto di sangue a una determinata zona del parenchima encefalico a causa di un embolo (coagulo di sangue) (Ustrell-Roig e Serena-Leal, 2007).
In base all’evoluzione nelle prime ore, si distinguono due eventi cerebrovascolari ischemici:
- l’attacco ischemico transitorio (AIT) (deficit neurologico che si risolve entro le prime 24 ore),
- e l’infarto cerebrale (lesione definitiva del parenchima cerebrale), ischémia di durata sufficiente a causare necrosi del tessuto (De Celis Ruiz et al., 2023).
La malattia cerebrovascolare è considerata un’emergenza ad alta prevalenza e potenzialmente letale, rappresentando la seconda causa di morte e la prima causa di disabilità, come confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), configurandosi quindi come un grave problema di salute pubblica di primo ordine.
Dopo una lesione acuta, esistono diverse finestre temporali durante le quali interventi terapeutici precoci possono modificare l’evoluzione dell’infarto cerebrale e favorire una riattivazione neuronale:
- Tra le 6 e 8 ore, è cruciale l’intervento per ristabilire il flusso sanguigno nella zona colpita (riperfusione);
- tra le 24 ore e i 17 giorni, si osserva la sopravvivenza neuronale all’interno della penombra ischemica;
- infine, una concentrazione terapeutica estesa fino ai tre mesi è associata al recupero neurofunzionale (Sánchez-Chávez, 1999).
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Penombra ischemica
La penombra ischemica si riferisce al tessuto cerebrale periferico con alterazione funzionale ma potenzialmente recuperabile, ripristinando l’ischemia cerebrale. È considerata un’area potenzialmente vitale grazie ai progressi nella neuroriabilitazione. Dopo l’evento ischemico, l’area penumbrale può persistere per ore grazie all’irrigazione sanguigna delle arterie collaterali, implicando la possibilità di salvare le cellule e migliorare l’esito clinico (Ismael, 2009).
Le tecniche di neuroimaging, come la risonanza magnetica cranica, consentono di confermare e localizzare la topografia della lesione, risultando di grande utilità nell’affrontare la patologia. Nella fase acuta, è possibile determinare il tessuto infartuato grazie alle sequenze di diffusione, nonché quantificare l’estensione del tessuto mediante le sequenze di perfusione (Ustrell-Roig e Serena Leal, 2007).
La discrepanza positiva tra il volume dell’infarto e il volume della penombra (mismatch) è utilizzata come predittore di una buona risposta al trattamento (un mismatch positivo indica che esiste una grande penombra rispetto all’area infartuata, il che suggerisce che vi sia ancora tessuto cerebrale potenzialmente salvabile). Pertanto, è di grande rilevanza disporre di tecniche di neuroimaging che consentano di delimitare il nucleo dell’infarto e l’area di penombra per prevedere la prognosi del paziente e utilizzarlo nelle decisioni terapeutiche, selezionando i pazienti che possono beneficiare dei trattamenti di riperfusione oltre le finestre temporali tradizionali (García et al., 2022) (figura 1).
Di conseguenza, risulta fondamentale nella riabilitazione post-ictus implementare interventi sia farmacologici che non farmacologici che garantiscano la neuroplasticità del tessuto cerebrale.
Neuroplasticità
La neuroplasticità, intesa in ottica connettivista, è la capacità del sistema nervoso di modificarsi e rigenerarsi, consentendo al tessuto nervoso di subire cambiamenti di riorganizzazione o adattamento in risposta a uno stato fisiologico, con o senza alterazione. Grazie alle tecniche di neuroimaging cerebrale, è stato possibile determinare il funzionamento cerebrale evidenziando il fenomeno della plasticità, limitato non solo all’infanzia e all’adolescenza ma presente per tutta la vita adulta (Castillo et al., 2020).
L’encefalo possiede una grande capacità di adattamento a situazioni come lesioni cerebrali (plasticità post-lesione), compensando i danni attraverso la riorganizzazione e la creazione di nuove connessioni neuronali non danneggiate. Si tratta quindi di una struttura estremamente dinamica e plastica (Maurie-Fernández et al., 2010).
Tra le prime fasi dell’evento ischemico e i 3-6 mesi successivi, sono stati descritti una serie di processi che confermano il funzionamento della plasticità dopo il danno:
- In primo luogo, si verifica un’aumentata attività funzionale nel sistema somato-sensoriale controlaterale alla lesione e un’identificazione delle regioni corticali connesse all’area colpita.
- In secondo luogo, può verificarsi un rafforzamento nella struttura della via cortico-spinale ipsilaterale alla lesione, assumendo un ruolo compensatorio.
- Infine, viene ripristinata la connessione funzionale tra gli emisferi cerebrali e la rete del cortex sensoriomotorio in entrambi i lati del cervello (Marín-Medina et al., 2023).
Il fenomeno della plasticità consente al cervello di riconnettersi e riassegnare funzioni a regioni non colpite. Questo meccanismo di compensazione determina le basi neurobiologiche per interventi di recupero, come la stimolazione cognitiva (SC). Tale meccanismo è cruciale e contribuisce significativamente al processo di riabilitazione e recupero (Castillo et al., 2020).
Riabilitazione neuropsicologica
La riabilitazione neuropsicologica, intesa come un processo interattivo, si riferisce alle tecniche di intervento terapeutico finalizzate a ridurre il deficit cognitivo, comportamentale ed emotivo dopo una lesione, promuovendo l’integrazione sociale e il benessere del paziente attraverso un team terapeutico. Si evidenziano diversi metodi di intervento: stimolazione cognitiva, intervento familiare, modificazione del comportamento e riadattamento professionale o vocazionale (Murie-Fernández et al., 2010).
Nella riabilitazione neuropsicologica si distinguono due approcci principali: il ripristino e la compensazione della funzione.
- Il primo si riferisce all’intervento diretto sulle funzioni alterate, con l’obiettivo di ottenere un recupero parziale o totale mediante riabilitazione ed esercizi ripetitivi.
- Il secondo si riferisce all’apprendimento di nuove strategie per utilizzare le capacità cognitive preservate nello svolgimento di compiti che precedentemente richiedevano la funzione alterata (CDINC, 2019).
I meccanismi coinvolti nel recupero dipendono dalla dimensione e dalla localizzazione del danno, dalla regione del circuito colpito e dal grado di connettività della rete. Si evidenzia come, in caso di una lesione moderata con forte compromissione della connettività, il trattamento basato sul riaddestramento della funzione risulti altamente efficace (Marín-Medina et al., 2023).
La stimolazione cognitiva ha come obiettivo l’ottimizzazione delle capacità cognitive per migliorare il funzionamento cognitivo, attraverso programmi di allenamento basati su attività specifiche. Percezione, attenzione, ragionamento, linguaggio o memoria, tra gli altri, sono processi neuropsicologici suscettibili di miglioramento mediante la stimolazione cognitiva. Tuttavia, viene considerata anche la sfera affettiva, sociale, comportament ale e familiare, per un intervento olistico sulla persona (Villalba e Espert, 2014).
Grazie ai significativi progressi nel campo tecnologico, sono stati sviluppati strumenti e programmi di allenamento cognitivo con supporto informatico che consentono di affrontare in modo efficace la riabilitazione. Tra i principali vantaggi offerti dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nella riabilitazione si evidenziano:
- personalizzazione dei trattamenti in base alle esigenze specifiche di ogni paziente;
- ottenimento di un feedback immediato dopo l’applicazione, favorendo la motivazione del paziente;
- monitoraggio delle prestazioni in ogni attività;
- nonché un carattere dinamico delle attività (Fernández et al., 2020).
Per tutto ciò, le TIC rappresentano un traguardo nel campo della riabilitazione, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti con ischemia, rendendo innegabile la sinergia tra tecnologia e riabilitazione come progresso significativo.
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Conclusioni
L’implementazione delle nuove tecnologie nella riabilitazione della malattia cerebrovascolare porta a un’ottimizzazione dei processi terapeutici e a un miglioramento dei risultati, facilitando la personalizzazione degli interventi. L’inizio della riabilitazione, la durata e l’intensità sono una serie di fattori fondamentali che influenzano il recupero funzionale del paziente.
È di estrema importanza che sia le autorità sanitarie sia i professionisti del settore sanitario prioritizzino l’attenzione verso questa patologia, rappresentando un fattore cruciale per il miglioramento del sistema sanitario.
Prioritizzando la prevenzione, una diagnosi precoce e un intervento tempestivo e individualizzato, si riduce il carico sul servizio sanitario, promuovendo un’assistenza integrale ed efficace. L’attenzione precoce alla malattia cerebrovascolare deve essere considerata una strategia fondamentale per il benessere della popolazione.
Bibliografia
- Castillo, G., Fernández, B. y Chamorro, D. (2020). Neuroplasticità: Esercizi per ritardare gli effetti della Malattia di Alzheimer mediante Stimolazione Cognitiva. Rivista Investigazione scientifica tecnologica 4(2), 115-122.
- Centro di Diagnosi e Intervento neurocognitivo (CDINC). (21 marzo 2019). Cos’è la Riabilitazione Neuropsicologica? CDINC. https://cdincbarcelona.com/it/cos-e-la-riabilitazione-neuropsicologica/#:~:text=Secondo%20l%27Organizzazione%20Mondiale%20della,adattamento%20fisico%2C%20psicologico%20e%20sociale.
- De Celis Ruiz, E., Masjuan, J., Tejedor, E. D. y De Donlebún, J. R. P. (2023). Ictus ischemico. Infarto cerebrale e attacco ischemico transitorio. Medicine-Programma di Formazione Medica Continua Accreditato, 13 (70), 4083-4094.
- Fernández, E., Fernández, y Crespo, M. (2020). Integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’intervento neuropsicologico. Rivista Cubana di Informazione in Scienze della Salute, 31(2).
- García, M. G., Bea, M. P., Saiz, A. A., Fontaneda, V. D. y Leon, E. C. (2022). Aggiornamento del codice ictus in emergenza. Radiologia, 65(31), 3-10.
- Ismael, M. G. (2009). Contributo del neurospect alla valutazione dell’ictus ischemico: penombra ischemica. Rev. Méd. Clín.Condes, 20(3), 276-281.
- Marín-Medina, D. S., Arenas-Vargas, P. A., Arias-Botero, J. C., Gómez-Vásquez, M., Jaramillo-López, M. F. & Gaspar-Toro, J. M. (2023). Nuovi approcci al recupero dopo ictus. Neurological Sciences, 45(1), 55-63.
- Murie-Fernández, M., Irimia, P., Martínez-Vila, E., John Meyer, M., y Teasell, R. (2010). Neuroriabilitazione dopo l’ictus. Neurologia, 25(3), 189–196.
- Ustrell-Roig, X. y Serena-Leal, J. (2007). Ictus. Diagnosi e trattamento delle malattie cerebrovascolari. Revista Española de Cardiología, 60(7), 753-769.
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