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Neuroni spravvissuti. L’importanza della neuroriabilitazione precoce nei casi di ictus

Neuroni sopravvissuti. L'importanza della neuroriabilitazione precoce nei casi di ictus.

La neuropsicologa Ana Isabel Moneo Troncoso, alludendo ad un infarto incompleto e alla capacità offerta dalla tecnica di Stimolazione Cognitiva (CS) di promuovere la plasticità neuronale, illustra l’importanza di una neuroriabilitazione precoce nei casi di accidente cerebrovascolare (ACV) per un maggiore recupero.

Che cos’è un ictus?

Per ACV, ictus o apoplessia, si intende la lesione neurologica acuta che si origina a causa di un’alterazione patologica dei vasi sanguigni, dando origine a una delle malattie neurologiche con la più alta incidenza negli ultimi anni e a un problema di salute pubblica di prim’ordine.

In caso di rottura di un vaso sanguigno si parla di “ictus emorragico”, che rappresenta il 15% dei casi. In caso di formazione di coaguli che portano a un’interruzione del flusso sanguigno, si parla di “ictus ischemico”, che corrisponde all’85% (Zhao et al., 2022).

L’ictus è associato a una compromissione sia fisica che cognitiva che porta al deterioramento. Una volta che il danno ha avuto origine, le conseguenze cognitive colpiscono il 25-80% dei sopravvissuti, portando ad alterazioni del funzionamento cognitivo (Mane, Chouhan y Guan, 2020).

Tra le alterazioni più comuni vi sono difficoltà:

Per questo motivo è particolarmente importante concentrarsi su una riabilitazione completa, che tenga conto del campo cognitivo, poiché le conseguenze limitano l’autonomia e la qualità di vita del paziente (Ardila, Silva y Acosta, 2013).

Il ruolo del fattore neurotrofico di derivazione cerebrale nella sopravvivenza neuronale

Una volta che la lesione ha origine, si verifica una necrosi selettiva (morte cellulare non fisiologica, dovuta a un danno irreparabile o incurabile, che provoca una putrefazione), che interesserebbe un insieme di cellule all’interno dell’area, preservando alcune cellule neuronali, le cellule gliali e la microvascolarizzazione. Dopo una morte cellulare parziale, chiamata “infarto incompleto“, la presenza di neuroni superstiti viene riscontrata anche due giorni dopo l’origine del danno. Recenti progressi dimostrano l’importanza del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), la proteina più altamente espressa nel sistema nervoso centrale, che è presente 7-14 giorni dopo la lesione (Jiang et al., 2017).

Fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF)

Il BDNF è una proteina localizzata nei dendriti e negli assoni neuronali, coinvolta nella neurogenesi o nella formazione di nuovi neuroni, nella differenziazione cellulare, nel processo di apoptosi o morte cellulare programmata e nella sopravvivenza neuronale. Nei casi di disturbi neurologici, svolge ruoli essenziali nella riorganizzazione del danno attraverso l’attivazione di diverse vie.

Come conseguenza del danno, si verifica una proliferazione e un flusso di cellule che migrano verso la regione lesa e i cambiamenti nel processo migratorio sono legati al fattore neurotrofico (Pisani et al., 2023).                

Particolarmente significativi sono gli effetti protettivi della proteina, coinvolta sia nella crescita assonale e dendritica sia nell’instaurazione e nel mantenimento delle sinapsi, facilitando il potenziamento a lungo termine (LTP) (che verrà spiegato in seguito). Per questo motivo, vale la pena sottolineare il ruolo neuroprotettivo e rigenerativo del BDNF in caso di danno (Simko, Kent y Rektorova, 2022).               

La proteina si trova principalmente nelle aree corticali, amigdaloidi, del cervelletto e dell’ippocampo, quest’ultima legata all’apprendimento e alla memoria. È stato dimostrato che l’attivazione dei processi all’interno della cellula in seguito all’attivazione del BDNF promuove i processi di apprendimento e memoria.

Dato il ruolo chiave delle proteine nel contrastare i danni, una riabilitazione precoce è essenziale per migliorare il funzionamento cognitivo e quindi il recupero (Pisani et al., 2023).

Riabilitazione post-ictus attraverso la stimolazione cognitiva

La stimolazione cognitiva (CS) è una delle tecniche di riabilitazione con maggiore evidenze nella riabilitazione dell’ictus, come riportato nella letteratura scientifica. Si riferisce all’insieme di tecniche e strategie con l’obiettivo di ottimizzare le prestazioni delle diverse capacità e funzioni cognitive (percezione, attenzione, ragionamento, astrazione, memoria, linguaggio, processi di orientamento e prassi). Tutto questo attraverso una serie di situazioni e attività specifiche che vengono strutturate in quelli che vengono chiamati “programmi di allenamento cognitivo”  (Villalba y Espert, 2014).

Le basi neurobiologiche che determinano l’efficacia dell’intervento si fondano, tra l’altro, sulla neuroplasticità e sulla riserva cognitiva. Il termine neuroplasticità si riferisce alla natura modificabile del comportamento umano, dato che il cervello ha una grande capacità di adattarsi a nuove situazioni e di ripristinare l’equilibrio dopo un danno. Poiché il sistema nervoso è estremamente plastico, i cambiamenti possono avvenire sia a livello strutturale che funzionale e quindi si può ottenere un miglioramento della plasticità sinaptica, favorendo il recupero (Castillo, Fernández y Chamorro, 2020).

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Plasticità sinaptica

Il termine plasticità sinaptica si riferisce alla connessione tra neuroni adiacenti che consente il passaggio di informazioni. I circuiti neurali sono vie di comunicazione che si modificano con l’apprendimento e la pratica. Dopo l’acquisizione di nuove conoscenze, attraverso la comunicazione sinaptica, l’esercizio ripetuto nel tempo migliora la comunicazione e quindi le connessioni si rafforzano (il che è chiamato LTP).

Riserva cognitiva

Il termine riserva cognitiva si riferisce alla capacità del cervello di tollerare un danno cerebrale in assenza di sintomi cognitivi e comportamentali. Una stimolazione prolungata negli anni attraverso l’acquisizione di conoscenze, l’attività fisica e il contatto sociale aumenta questa riserva, con conseguente ritardo nell’espressione clinica dei deficit cognitivi (Kwakkel, Kollen y Lindeman, 2004).

Stimolazione transcranica con correnti dirette (tDCS)

I recenti progressi nel campo della riabilitazione mostrano terapie combinate di CE e altre tecniche, come la stimolazione transcranica con correnti dirette (tDCS) per il miglioramento cognitivo, dato che entrambe le tecniche offrono benefici anche singolarmente.

La tDCS è una tecnica di neuromodulazione cerebrale non invasiva e indolore che mira a modulare istantaneamente l’eccitabilità o l’inibizione corticale regionale, utilizzando due elettrodi posizionati sul cuoio capelluto (Conde-Antón et al., 2020).

I cambiamenti neurali sono legati alla modulazione dell’attività dei neurotrasmettitori (dopamina, serotonina, glutammato e acetilcolina tra gli altri) e alle alterazioni del fattore neurotrofico. Dopo l’applicazione della tDCS, viene modulato il BDNF, che favorisce la crescita neuronale e le connessioni, favorendo il recupero dal danno (Madeiros et al., 2012). 

Conclusioni

Data la tristemente nota incidenza di ictus negli ultimi anni, è essenziale conoscere i benefici di una neuroriabilitazione precoce in presenza di ictus. Questa non solo riduce al minimo le conseguenze del danno, ma offre anche un miglioramento delle capacità cognitive e funzionali del paziente. Tutto ciò favorirà un impatto positivo sulla percezione della qualità della vita, una maggiore autonomia e un miglioramento dell’umore, che riduce l’isolamento sociale. Si avrà quindi un miglioramento delle dinamiche familiari, a beneficio sia del paziente che dei familiari e/o di chi lo assiste.

Bibliografia

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