In questa voce, lo psicologo Cristian Francisco Liébanas Vega ci parla della tecnica della mappatura cerebrale intraoperatoria e del suo contributo alla diagnosi delle malattie.
Il mappaggio cerebrale intraoperatorio è una tecnica specializzata utilizzata durante la chirurgia cerebrale per ottimizzare l’equilibrio tra la rimozione del tumore e la preservazione delle funzioni cerebrali importanti. Questa tecnica viene utilizzata principalmente nei pazienti con tumori o lesioni che si trovano vicino a regioni cerebrali funzionali importanti, come il linguaggio, il movimento, la visione e le emozioni. L’obiettivo principale del mappaggio cerebrale intraoperatorio è identificare ed evitare aree cerebrali critiche durante l’asportazione del tumore.
Come viene eseguito lo studio del mappaggio cerebrale?
Lo studio del mappaggio cerebrale intraoperatorio viene eseguito utilizzando elettrodi per stimolare diverse parti del cervello mentre il paziente è sveglio. Durante la procedura, vengono eseguite diverse attività di linguaggio, movimento, campi visivi ed espressione delle emozioni specificamente progettate per ogni paziente da neuropsicologi.
Queste attività consentono ai neurochirurghi e ai neuropsicologi clinici di valutare le risposte del paziente e creare una mappa personalizzata delle aree cerebrali con funzioni da preservare. Questa mappa funzionale viene confrontata con la mappa anatomica del tumore ottenuta tramite ecografia e neuronavigazione intraoperatorie, consentendo una migliore comprensione del funzionamento delle funzioni cerebrali superiori e l’esecuzione di escissioni chirurgiche più estese con un minor rischio di danni neurologici.
Malattie rilevabili tramite mappaggio cerebrale
Oltre ai tumori cerebrali, il mappaggio cerebrale può anche essere utilizzato nella diagnosi e nel trattamento di altre malattie neurologiche come l’epilessia e i disturbi del movimento. Il mappaggio cerebrale intraoperatorio può fornire informazioni cruciali sulle aree cerebrali responsabili delle crisi convulsive nei pazienti con epilessia, consentendo la pianificazione precisa dell’asportazione chirurgica dell’area interessata.
Il ruolo del neuropsicologo nel mappaggio cerebrale
Il neuropsicologo svolge un ruolo fondamentale nello studio del mappaggio cerebrale intraoperatorio. È responsabile della progettazione e dell’esecuzione di attività neuropsicologiche specifiche per valutare le funzioni cerebrali del paziente durante la procedura.
Il neuropsicologo lavora a stretto contatto con il chirurgo e il team medico per identificare le aree cerebrali critiche e creare una mappa personalizzata delle funzioni che devono essere preservate durante l’intervento chirurgico. Inoltre, il neuropsicologo può anche eseguire valutazioni pre e postoperatorie per valutare eventuali cambiamenti nelle funzioni cerebrali dopo l’operazione.
Contributi del mappaggio cerebrale nella diagnosi di malattie
Il mappaggio cerebrale intraoperatorio si è dimostrato uno strumento prezioso nella diagnosi di malattie neurologiche.
Oltre a servire per determinare il confine anatomico e funzionale dei tumori come abbiamo appena visto, il mappaggio cerebrale può anche essere utilizzato nella diagnosi e nel trattamento di altre malattie neurologiche come, nel caso dell’epilessia, aiutando a determinare le aree responsabili delle crisi convulsive e guidando la pianificazione dell’intervento chirurgico per asportare le aree interessate.
Valorazione psicologica clinica e neuropsicologica
Nei pazienti candidati alla neurochirurgia con paziente sveglio, l’identificazione dei cambiamenti nell’umore, nella cognizione, nel comportamento e nella personalità rappresenta una sfida e solo un processo di valutazione completo ed approfondito può determinare se sono causati dal tumore o se sono una risposta psicologica allo stress secondario, alla diagnosi o al trattamento (Madhusoodanan, Ting, Farah, & Ugur, 2015). A tal proposito, la bibliografia enfatizza l’importanza della selezione attenta e individualizzata del paziente attraverso una valutazione neuropsicologica pre-operatoria accurata ed obiettiva, che può ridurre i rischi e aumentare le probabilità di una buona diagnosi.
Predictori neuropsicologici ad alto rischio chirurgico
1. Fattori personali
È importante considerare tutti quei fattori personali che possono influire positivamente o negativamente sulle prestazioni chirurgiche della persona. Le risorse personali includono il tipo di personalità, la maturità emotiva, le strategie di coping e le esperienze precedenti. L’esistenza di esperienze precedenti legate al cancro o alla morte di un familiare a causa di un tumore è correlata ad un maggiore carico emotivo per il paziente all’inizio del processo, mentre l’esistenza di risorse sociali e familiari sono considerate fattori protettivi nello sviluppo della malattia.
Variabili come l’eccessivo consumo di alcol o droghe e i disturbi del dolore cronico sono fattori di rischio noti per il fallimento della sedazione (Chui, 2015). Inoltre, il livello di stress, le aspettative del paziente e la sua modalità di affrontare situazioni spaventose vengono considerati in diversi studi come variabili importanti.
2. Capacità decisionale
La valutazione della capacità di comprendere il trattamento è parte integrante del processo di cura. Secondo Palmer & Harmell (2016) e Lutters & Broekman (2019), la valutazione formale della capacità decisionale non è solo un obbligo etico e legale del team responsabile, ma costituisce anche un diritto all’autonomia del paziente. Palmer & Harmell (2016) affermano che la capacità decisionale del paziente deve essere definita in base a quattro dimensioni:
- Comprensione: si riferisce alla capacità di accettare e comprendere la malattia, le informazioni fornite, i rischi, i benefici e i possibili trattamenti.
- Apprezzamento: descritto come la capacità di applicare le informazioni fornite a se stessi e alla propria situazione.
- Ragionamento: si riferisce all’evidenza che le decisioni riflettono la presenza di un processo comparativo e di manipolazione delle informazioni.
- Espressione della decisione: intesa come la capacità di comunicare una decisione chiara e coerente.
A questo punto, è importante considerare che durante il processo di malattia, la capacità di prendere decisioni diventa più complessa, quindi è comune che sia il paziente che la famiglia incontrino difficoltà nel decidere sulla propria salute (Mattavelli, Casarotti, Forgiarini, Riva, Bello, & Papagno, 2012). Inoltre, i pazienti con tumore cerebrale tendono a presentare un deterioramento cognitivo, che talvolta è correlato a gravi impedimenti nelle abilità decisionali della vita quotidiana (Ouerchefani, Ouerchefani, Allain, Rejeb, & Le Gall, 2017, Lutters & Broekman, 2019).
Come conseguenza della stessa malattia, molti pazienti hanno una consapevolezza limitata dei loro sintomi e tendono a sottovalutare l’impatto sulla propria vita. La mancanza di autoconsapevolezza, che deriva dallo stesso tumore o da qualche meccanismo di difesa psicologico, porta a difficoltà nella presa di decisioni informate riguardo al proprio stato di salute, il che è stato segnalato come un limite alla partecipazione del paziente in questo tipo di procedura (Boele et al., 2015).
3. Disturbi emotivi e psichiatrici
Secondo la letteratura, un paziente fortemente ansioso tende a commettere più errori e perde i propri livelli di attenzione, concentrazione e memoria, il che renderebbe sia i risultati di base che quelli in tempo reale non affidabili, influenzando sia il piano d’azione che la determinazione della resezione (Ruis et al., 2017 e Huget et al., 2019). Nella neurochirurgia con paziente sveglio, è molto importante che il paziente possieda una gestione dell’ansia e dei propri movimenti che garantisca la capacità di autocontrollo. L’autocontrollo è inteso come o la capacidad del paciente de regular voluntariamente su comportamiento durante el procedimiento (Rughani, Rintel, Desai, Cushing & Florman, 2011; Howie at al., 2016).
4. Disturbi neurocognitivi
La valutazione neuropsicologica costituisce una procedura essenziale che consente non solo di creare una linea di base del funzionamento cognitivo, ma anche di identificare importanti deficit neuropsicologici che rendono il paziente incapace di svolgere i compiti richiesti durante la mappatura cerebrale (Ruis, Wajer, Robe e van Zandvoort, 2014).
Secondo Hervey-Jumper & Berger (2016), il grave deterioramento del funzionamento cognitivo preoperatorio, la presenza di afasia, gravi disturbi neurologici e l’incapacità di essere esaminati a causa di problemi di attenzione e di coscienza sono considerati fattori di esclusione, poiché ostacolano la cooperazione del paziente in sala operatoria.
D’altra parte, Becker (2016) menziona alcune funzioni cognitive di base che la persona deve conservare per assumere un ruolo attivo durante un intervento di neurochirurgia con il paziente sveglio:
- un linguaggio sufficientemente fluido per esprimersi e essere in grado di comunicare le alterazioni cognitive, fisiche e fastidi nel processo;
- comprensione verbale per la cooperazione e il seguire le istruzioni;
- memoria per garantire la memorizzazione delle informazioni e delle istruzioni relative all’intervento chirurgico;
- attenzione per svolgere attività intraoperatorie;
- e abilità visive nel caso in cui sia necessario nominare immagini.
5. Considerazioni per la preparazione preoperatoria
Oltre a superare i filtri della valutazione psicologica clinica e neuropsicologica, è necessario che il paziente soddisfi i requisiti della valutazione necessaria per la preparazione preoperatoria al fine di adattarsi alle esigenze dell’intervento chirurgico (Rughani et al., 2011). L’esperienza sviluppata al HM ha permesso al team di identificare che tale preparazione dovrebbe coinvolgere la rete familiare o sociale e dovrebbe contenere i due aspetti basilari che saranno discussi di seguito:
A. Informazioni riguardanti l’intervento chirurgico
Questo tipo di intervento richiede il coinvolgimento coordinato di ogni membro del team. Il paziente, integrandosi come agente attivo, dovrebbe conoscere in dettaglio i propri compiti, le procedure da eseguire durante l’intervento chirurgico e cosa aspettarsi ad ogni passaggio. Inoltre, oltre a conoscere tali informazioni, dovrebbe comprenderle.
Autori come Beez et al. (2013) e Ruis et al. (2014) sostengono che, se il paziente mostra riluttanza o negazione nel ottenere dettagli sull’intervento chirurgico, non potrà essere sottoposto a tale modalità, poiché il paziente deve conoscere i benefici e la necessità di rimanere sveglio nei momenti cruciali dell’operazione.
Tuttavia, nella pratica clinica si rileva che il modo in cui vengono fornite le informazioni deve essere adeguato al meccanismo di affrontamento del paziente, e alcuni pazienti richiedono più dettagli di altri.
Si dovrebbe spiegare cosa succederà in sala operatoria, incluso il procedimento, le possibili complicazioni, il livello di cooperazione desiderato e i compiti da svolgere (Carbone et al., 2019). A tal fine, la psicoeducazione e le sessioni di preparazione sia con il paziente che con la famiglia sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo.
La preparazione psicologica per l’intervento chirurgico richiede anche una familiarizzazione sensoriale con l’ambiente del blocco operatorio e con le sensazioni nel proprio corpo. La visita anticipata al blocco operatorio o la presentazione di stimoli visivi e uditivi che abituano la persona alla procedura, allo spazio fisico e agli strumenti, sono un buon metodo e aiutano a smentire le credenze errate che il paziente potrebbe avere sulla procedura (Ortega, 2013; Ortiz, 2014; Quesada, 2015; Molinari, 2015; Acuña, 2017). Avere la possibilità di anticipare in qualche modo ciò che succederà o come ci si sentirà, darà al paziente una sensazione di controllo durante la procedura.
B. Collegamento con il professionista in neuropsicologia e il team chirurgico
Uno degli aspetti più rilevanti che contraddistinguono l’intervento con paziente sveglio da altri tipi di interventi chirurgici è l’importanza che il paziente riesca a instaurare un rapporto di fiducia con il neuropsicologo.
Dato il carattere impegnativo della procedura, gli studi dimostrano che i pazienti hanno bisogno di avere accanto una persona di fiducia disponibile a sostenerli emotivamente lungo tutto il procedimento chirurgico (Ruis et al., 2014).
Azioni come spiegare prima e durante l’intervento ciò che sta accadendo, allenarli per momenti di disagio o ansia, offrire parole di incoraggiamento e tener loro la mano durante l’intervento, sono viste come di grande valore per i pazienti (Molinari, 2015; Acuña, 2017; Ruis et al., 2014).
Affinché questo tipo di interazione tra il paziente e il clinico sia possibile, è necessario investire tempo nella preparazione e avere la disponibilità del paziente a collaborare (Ruis et al., 2014). Come parte della preparazione, il professionista in neuropsicologia può cercare di estendere il rapporto di fiducia a tutto il team chirurgico, che sarebbe l’ideale in sala operatoria.
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